La prospettiva del diritto regionale e degli enti locali è fondamentale nello studio del diritto del Terzo settore. Da un lato, infatti, la riforma del Terzo settore nasce dall’esigenza di una disciplina unitaria a livello nazionale delle diverse manifestazioni del pluralismo sociale con finalità solidaristica, principalmente allo scopo di consentire l’instaurazione e lo sviluppo, in condizioni di parità di trattamento, di rapporti con la pubblica amministrazione e la definizione di un quadro di misure promozionali. Dall’altro, però, vi è la rilevante esigenza che ciascuna possa definire interventi promozionali, così da dare corpo a politiche regionali fondate sull’attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale. La costruzione del bilanciamento fra queste due esigenze è uno dei temi di dibattito e riflessione in tutto il Paese.
L’approvazione del codice del Terzo settore (dlgs n. 117/2017) e del dlgs n. 112/2017 (impresa sociale) ha assecondato una logica unitaria, facendo rientrare nella competenza legislativa statale la definizione della qualifica di «ente del Terzo settore», un gruppo significativo di misure di promozione e l’impianto del sistema pubblicistico di controllo. In realtà, subito dopo l’approvazione della riforma (che ha determinato l’abrogazione di gran parte della disciplina legislativa precedente), si è attivato un dibattito assai significativo sugli spazi che il legislatore statale avrebbe lasciato alle Regioni, espressamente o implicitamente. Le Regioni, però, mantengono un loro spazio di intervento sia sulle politiche regionali di promozione ad integrazione di quelle statali (quindi, assicurando il rispetto integrale di quest’ultime), sia sulla possibile definizione di altre qualifiche che possono diventare a loro volta destinatarie di misure promozionali.
La legislazione regionale è chiamata non solo a regolare i procedimenti di amministrazione condivisa negli ambiti materiali in cui le Regioni dispongono di poteri legislativi e funzioni amministrative (che rimane pur sempre l’obiettivo principale), bensì pure di creare le condizioni affinché tali procedimenti possano realizzarsi più efficacemente, attraverso la creazione di sinergie fra gli attori del Terzo settore, gli attori istituzionali e gli altri soggetti portatori di interesse. Ciò è avvenuto, almeno in una prima fase, al prezzo di un intervento non sporadico del giudice costituzionale il quale, tuttavia, non è da considerarsi necessariamente un fattore patologico, ma parte di un processo di apprendimento del nuovo quadro normativo nazionale e delle sue ricadute sull’autonomia regionale. Peraltro, il quadro normativo nazionale, avendo riordinato un intero settore dell’ordinamento, ha bisogno anch’esso di qualche intervento manutentivo (ad esempio, sul piano fiscale), alla luce della giurisprudenza costituzionale e degli orientamenti europei.
Fonte: Cantiere Terzo Settore